2023
Rooy Charlie Lana
Transghost è uno strumento d’indagine della cultura queer che si interroga sui rapporti tra politica e sessualità, incoraggiando una coscienza critica dell’identità individuale oltre l’egemonia della genetica.
Nella nostra contemporaneità si fa strada il concetto di gender fluid, che sempre più concorre a scardinare quegli schemi di rappresentazione dei corpi che nel corso della storia hanno perpetuato un sistema gerarchico dominante e discriminante, istituzionalizzando ruoli e privilegi sulla base dei caratteri prettamente anatomici. Se mappare il corpo è un atto politico, l’artista immagina nuove cartografie liquide e mobili definite nell’opera “MIT - Mappa dell’identità Transghost”, che organizza i principi e le fasi di questa transizione.
Attraverso l’invenzione e la manifestazione di un corpo ri-semantizzato - che elude la “normazione sessuale” della persona secondo schemi socioculturali predefiniti - Transghost performa e produce realtà attraverso gli strumenti della finzione, per sovvertire le gerarchie di dominio. L’elemento distintivo dell’identità Transghost è lo zentai: una tuta aderente integrale - già utilizzata nel Chroma key e nelle pratiche BDSM - che istituisce una nuova dimensione epidermica, capace di celare e proteggere le caratteristiche fisionomiche del corpo, azzerando gli elementi di riconoscibilità del soggetto (sesso, genere, etnia, età). Questa condizione di anonimato Transghost sospende i dati anagrafici e genera un’identità temporanea e in attraversamento che agisce sui rapporti di potere. Assumere la performatività Transghost significa dubitare della ‘naturalità’ e della ‘stabilità’ di termini quali ‘maschio’, ‘femmina’, ‘uomo’, ‘donna’, ‘eterosessuale’, ‘omosessuale, ‘transessuale’, ovvero dubitare del modo in cui definiamo e pratichiamo noi stessə. Hackerando la rigida uniformità del sistema, la pratica Transghost mette in scena rievocazioni sovversive e parodistiche dei codici estetici, politici e sociali, per rafforzare il potere delle devianze e delle derive come nuovo paradigma collettivo.
La mostra presenta il progetto “Marriage is a fictional union”, in cui due spose Transghost celebrano un matrimonio fittizio a Venezia, sovvertendo i canoni visivi e semantici di questa romantica comfort zone, icona nazionalpopolare del viaggio after wedding. L’intento è quello di “queerizzare il matrimonio” decostruendo la performatività del suo rituale cerimoniale, per depotenziare l'affermazione delle pratiche normative istituzionalizzanti dettate da Stato e Chiesa. La scelta sottolinea la volontà di occupare un dissesto nell’ordine di Natura che prevede l’accesso al matrimonio religioso (e talvolta anche a quello civile), solo a coppie etero composte da uomo e donna con identità di genere biologicamente conformi. Convenzionalmente la figura della sposa è asservita ad un’etichetta che la vuole mite, piacente, ben educata e subordinata ad un ruolo socialmente minoritario in quanto moglie.
Portando al limite i presupposti normativi e vetero-patriarcali del matrimonio, questo atto sovversivo si concretizza formalmente con la costituzione del “Contratto Matrimoniale Transghost”, che attua una vera e propria destrutturazione di potere attraverso il linguaggio e trova un importante riferimento nei precedenti teorici elaborati da Paul B. Preciado nel suo Manifesto Controsessuale (2019).
Il potenziale reazionario dell’elemento contrattuale trova applicazione in diverse forme e pratiche espressive. In questa occasione l’artista realizza un’opera inedita in collaborazione con Sottogiudecca: una superficie specchiante incisa con il linguaggio wet, nasconde un messaggio segreto, il quale potrà essere decodificato solo in caso di un passaggio di proprietà e la stipula di un contratto speciale tra l’artista e il collezionista.
Il linguaggio wet (ovvero il linguaggio del desiderio Transghost), è composto da un pattern di oltre 150 macchie di fluidi corporei e umori sessuali qualificate come segni grafici, che partecipano alla costruzione dell’alfabeto wet per produrre una “letteratura del desiderio come opacità”.
In quest’ottica, la project room si offre come spazio performativo individuale, in cui i partecipanti potranno mettere in atto una pratica Transghost attraverso l’esercizio “Specchio riflesso”, così come prescritto nel Manifesto Transghost (Kabul.Magazine, feb. ’21).
Rooy Charlie Lana - classe ‘95, vive e lavora tra Venezia e la Sicilia. Opera nel campo delle arti visive performative e degli studi queer. Dopo la laurea magistrale in Teatro e Arti Performative allo IUAV di Venezia (2019) svolge attività di docenza e ricerca indipendente, sviluppando teorie e pratiche che lo conducono all’ideazione dell’identità Transghost, la cui ricerca prende avvio dall’analisi del concetto di performativo linguistico e di genere (Austin e Butler) dagli studi sulla performatività queer (Sedgwick), dalla nozione di corpo e potere (Foucault e Preciado) e di disidentificazione (Muñoz). In questo ambito fonda a Venezia il collettivo artistico -ness, che nel 2021 pubblica il “Transghost Manifesto” su Kabul.Magazine e vince il bando Biennale College Teatro de La Biennale di Venezia con il progetto “On a Solitary beach”. Tra le mostre principali: Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia), Art Verona (Verona), Teatro India (Roma), Asolo Film Festival (Asolo), Spazio in Situ (Roma), Aard Uork (Venezia), (un)fair (Milano), BASE (Milano).