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Aspettando Whatsapp

Aspettando Whatsapp è la personale di Andrea Valere, presentata in anteprima in occasione della XIV° Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI - Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani.

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La mostra affronta con lucido sarcasmo un tema di scottante attualità, calandosi perfettamente all’interno dell’ampia programmazione nazionale della GDC, evento capillare di vastissima portata, che si propone di stimolare il dibattito intorno al ruolo dell’arte contemporanea nella società.


Con il gusto per la provocazione che lo contraddistingue, l’artista lancia una vera e propria invettiva socio-culturale: l’avvento del mondo social ha completamente deviato i rapporti interpersonali, catapultandoci in un tam tam di parole, suoni e immagini che rispondo alla legge del caos.

 

La realtà virtuale diventa una via di fuga dalla realtà oggettuale, quella scappatoia privilegiata che ci allontana dal nostro io e dalla percezione del contesto in cui viviamo, attraverso le fessure spazio-temporali aperte dal web.

 

Tesi verso la creazione di un immagine ideale di noi stessi, perennemente assorbiti dall’interpretazione dei nostri alter-ego social, spesso viviamo ai margini delle nostre vite. L’artista avanza una critica sferzante a quei fenomeni di costume che hanno inevitabilmente travolto il nostro quotidiano, entrando in aperta polemica con tutte quelle consuetudini che sono ormai universalmente accettate come ordinarie. 

 

Il rapporto controverso tra la donna e i moderni mezzi di comunicazione, finisce così sotto la lente della satira, che distorcendo la visione delle cose ne mette a fuoco gli aspetti più inquietanti.

 

Come moderne Aracni, le donne tessono incessantemente le loro reti di contatti, dal ventre del focolare domestico e in ogni spazio del loro vissuto. Ma è la spiaggia a diventare lo scenario prescelto dall’artista per l’ambientazione di questo fantasmagorico teatro dell’assurdo, il non-luogo in cui si muovono inconsapevoli le sue “maschere” degenerate.

 

Irrimediabilmente imprigionate nei loro ruoli, queste donne sono le ignare protagoniste di un copione in cui “non succede niente, nessuno viene, nessuno va, è terribile”, così come accadeva ai personaggi di Samuel Beckett in “Waiting for Godot”. Vivendo nella spasmodica attesa di un messaggio whatsapp, dal presunto potere salvifico, si condannano ad una dipendenza morbosa dal loro immancabile smartphone, unico strumento di affermazione del proprio io.

 

La contemplazione della natura lascia spazio all’alienazione spirituale di questi corpi decadenti, esibiti senza pudore, che trasbordano dai loro costumi come il loro ego. Una parodia degli eccessi che le trasfigura in "icone di mancanza di stile" dai modi sciatti e sfrontati, attempate vedette di un tragicomico burlesque.


Cielo e mare, divinamente orchestrati dal pennello dell’artista, fanno da sfondo a questo repertorio di relitti umani arenati sulla sabbia, allusivamente mescolati ai rifiuti industriali che compaiono qua e là imbrattando la visione, così come il trucco sbiadito dei loro volti assenti.

 

In una società dei consumi ossessiva e bulimica, l’ultima speranza rimane proprio questa natura tradita, che è ancora capace di redimere da ogni bruttura umana.

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Testi critici a cura di, Marta Toma

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