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Giovanni Omiccioli

Mostre

Biografia

Giovanni Omiccioli (Roma,1901-1975) si avvicina presto alla pittura grazie alla conoscenza degli artisti che frequentano la bottega in via Margutta del padre Abilio, imballatore. Qui Omiccioli incontra Scipione e Mafai, al quale si lega di solida amicizia; i due artisti, oltre a Depero, Carena, De Pisis, Ferrazzi e Spadini, lo sproneranno più volte a dipingere. Compie gli studi artistici a Roma e dal 1928 aderisce alla Scuola Romana, condividendo con gli altri l’angoscia dell’artista costretto a lavorare sotto il regime fascista. La sua attività pittorica inizia nel 1934; pochi anni dopo, nel 1937, presenta tre opere alla IV Mostra del Sindacato Fascista di Belle Arti. Dello stesso anno è la sua prima personale alla Galleria Apollo di Roma. Nel 1939 a Piacenza, dove si trova per assolvere agli obblighi militari, decora la caserma con un affresco a carattere religioso. 

 Partecipa alla Biennale di Venezia nel 1940; l’anno seguente organizza una personale alla Galleria di Roma e un’altra nel 1943, ancora a Roma, alla Galleria Minima al Babuino. In questo periodo, e fino al 1945, Omiccioli si dedica alla realizzazione di Orti, una serie di dipinti espressionisti che ha per soggetto vedute della desolata bidonville ai piedi di Villa Strohl-Fern. Il pittore è attivo anche sul piano politico e, insieme a Yaria, Colla, Stradone, Turcato e Scordia, frequenta lo studio dello scultore Mazzullo, intorno al quale gravitavano i giovani artisti romani di sinistra. Con Mafai, Guttuso ed Afro realizza la prima testata de “L’Unità” nel 1945, subito dopo la Liberazione. Nello stesso anno partecipa alla I Mostra dell’Arte contro le barbarie, promossa dal quotidiano comunista “L’Unità” alla Galleria di Roma e presentata in catalogo da Trombadori, con un’opera di forte impegno politico (La fucilazione di Bruno Buozzi). L’interesse per il sociale traspare dalle opere di questi anni ambientate in sobborghi di periferia e popolate da mondine, pescatori, contadini, nonché da misera gente, barboni. Dopo l’esperienza di Orti l’artista si sposta a Ponte Milvio e per cinque anni dipinge quella periferia romana, le sue case isolate, i suoi abitanti. Nel 1947 si inaugura a Milano una importante personale di Omiccioli alla Galleria del Naviglio e nel 1948 espone alla Rassegna Nazionale di Arti Figurative a Roma; organizza un’altra personale alla Galleria del Secolo a Roma e partecipa alla Biennale veneziana con cinque opere. A questo punto Omiccioli, che non abbandona il tema sociale, trae nuovi stimoli delle pianure intorno a Vercelli, che gli ispirano diversi paesaggi e dai barboni di Porta Ticinese a Milano. Dopo la personale alla Galleria d’Arte La Medusa di Napoli, durante gli anni Cinquanta partecipa a collettive a Pittsburg, Boston, Tokio, espone alla mostra itinerante nei paesi scandinavi organizzata dall’Art Club, alle Quadriennali romane del 1955, 1959 e poi del 1966, alle Biennali veneziane del 1952, 1954, 1956. Presenta nel 1959 un dipinto su faesite, Cristo crocifisso, alla VIII Biennale d’Arte Sacra a Bologna. Durante gli anni Sessanta espone a tre edizioni della Rassegna di Arti figurative di Roma e del Lazio (1961, 1963, 1965) e alla VI Biennale di Roma del 1968. L’anno successivo sempre a Roma, alla Galleria Astrolabio, si inaugura una mostra di sue acqueforti. La pittura di Omiccioli, sempre fedele al tema figurativo, si distingue per la scorrevolezza e la corposità delle pennellate e per le atmosfere cariche di suggestioni oniriche, non prive di una sentita valenza intimista che sfocia, a tratti, in un sobrio romanticismo. La scelta di ambientazioni semplici, quali i prati, gli “orti”, rimandano alla sua esperienza di vita; così le partite di calcio sui campi verdi o innevati ricordano lo sport praticato a Verona quando era soldato, e i minuscoli personaggi che assistono al gioco sono emblematici della fraternità, dell’aggregazione umana intorno ad unico ideale.

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